di Tonino Cafeo
Nadia Terranova |
Bruno Schultz fu un
intellettuale ebreo polacco, scrittore di racconti raffinati,
illustratore. La tragedia dell'occupazione nazista e della
persecuzione gli riservò un destino singolare. Non se ne conosce
infatti esattamente la fine, mentre il suo corpo sparì in una fossa
comune.
La sua infanzia rivive oggi nel libro
Bruno, il bambino che imparò a volare di Nadia Terranova
e Ofra Amit. ( Orecchio
Acerbo (2012), 40 pagine, illustrato )
Una graphic novel in cui il racconto dalle parole magiche e
asciutte della prima si integra perfettamente con le illustrazioni
della seconda.
Ofra è israeliana, di Tel Aviv.
Nadia, messinese, ma vive a Roma da un decennio. Il suo ritorno in
riva allo stretto per la presentazione del volume, in una gremita
sala del Palacultura, è stato una buona occasione per conversare
con lei di letteratura e soprattutto di Bruno.
Com'è che una
scrittrice nata in Sicilia incontra Bruno Schultz ?
Sono arrivata a Roma nel
2003 con una laurea in filosofia in tasca e la voglia di scrivere, di
occuparmi di libri. L'anno prima l'Einaudi aveva ripubblicato il suo
“Le botteghe color cannella” con i disegni dell'autore. Ho visto
questo libro e mi ha subito affascinata. Ma era un po' troppo
costoso per le tasche di una fuorisede. Inoltre frequentavo un corso
preparatorio al lavoro nell'editoria e i consigli di lettura che mi
davano lì erano orientati in tutt'altra direzione. Io però ho
insistito e , quando ho potuto finalmente comprare e leggere le
Botteghe, vi ho trovato dentro molto della mia vita. Tanto da
aprire un blog con lo stesso titolo del libro.
Quindi Bruno “ti fa
compagnia” da molto prima che tu immaginassi questo libro. Cosa ti
ha realmente affascinato di lui?
Bruno Schultz si
comprende veramente solo alla luce del suo destino mai chiarito. E',
come tantissimi suoi connazionali, una vittima del nazismo, ma si sa
poco della sua fine. Una leggenda vuole che sia stato ucciso da un
ufficiale della Gestapo per una sorta di vendetta verso un collega
che aveva sottoposto lo scrittore a una specie di tutela. David
Grossman, che ha raccontato a sua volta Bruno nel suo romanzo Vedi
alla voce amore, ha sottolineato la fortissima carica
simbolica di questa storia. Il senso di estraneità alla vita di
questa persona,il suo essere in balia della sorte.
Temi che avvicinano
Bruno Schultz a Kafka.
Avevano molto in comune.
La corporatura esile, la tisi , un padre opprimente, un rapporto
d'amore complicato e quasi del tutto epistolare. Il
“non amore” per il lavoro che erano costretti a fare per vivere.
E veniamo al
Bambino che imparò a volare.
Fausta Orecchio,
sensibile titolare della Orecchio Acerbo ha avuto modo di
leggere il mio “Caro diario ti scrivo”. Un libro che
nasceva dall'idea di immedesimarsi nella vita di grandi scrittrici
“riscrivendone” i diari dell'adolescenza. Partendo da qui è nata
l'idea di raccontare l'infanzia di Schultz, la sua diversità, ma
anche la straordinaria fantasia che ha arricchito la sua scrittura ed
è stata quasi un vaccino rispetto ai tempi cupi in cui è vissuto e
morto. L'attenzione per il rapporto strettissimo fra testo e immagine
è stata determinante per l'incontro con Ofra Amit e a fatto si che
Bruno nascesse per rivolgersi principalmente ad un pubblico
giovane.
Ma un libro che racconta uno
scrittore complesso, dalla fine tragica è adatto ai bambini e ai
ragazzi?
Non ci sono argomenti
“non adatti” ai bambini. Siamo noi adulti a non saper trovare le
parole giuste per certe cose. E' così , lasciando senza risposta le
domande che i bambini ci pongono che si creano i buchi neri, le paure
non elaborate. Bruno Schultz non è un autore facile, ma mi è
piaciuta molto l'idea di raccontare un bambino “diverso” che
riesce a fare del suo difetto fisico un punto di forza.
E i destinatari del
tuo lavoro come l'hanno recepito?
Porto Bruno in
giro per l'Italia da quattro mesi ormai, incontrando bambini e
adolescenti nelle scuole. Faccio presentazioni “classiche” in cui
i bambini e adolescenti sono molto curiosi e chiedono-soprattutto i
secondi- informazioni storiche sulla figura di Schultz. Ma gli
appuntamenti più belli sono quelli con i ragazzi che hanno già
letto il libro, magari in veri e propri laboratori con la guida
dell'insegnante. Qui vicino, a Nizza di Sicilia, gli alunni hanno
smontato e rimontato Bruno con le tecniche più diverse, ma ,
soprattutto, seguendo la propria spiccata sensibilità.
"i
siciliani pur di non lavorare scrivono" con questo ironico motto
ti presenti su facebook. E' una cifra del tuo rapporto con la
letteratura? A questo proposito la tua scelta di dedicarti
esclusivamente alla letteratura è una sorta di omaggio
"risarcitorio" nei confronti di bruno Schulz?
Ti
racconto la storia di questo motto. Era il 1991 o 1992 e sulla scena
politica cominciava a pesare la Lega Nord. L'editore Valentino
Bompiani mandò in stampa un manifesto con una foto: c'erano Leonardo
Sciascia e Gesualdo Bufalino che brindavano con un bicchiere di vino
e, sotto, l'editore aveva apposto questa scritta: "i siciliani
pur di non lavorare scrivono". Come si può reagire alla
stupidità e alla volgarità se non con sardonica ironia e/o con la
forza della letteratura?
Non
c'è risarcimento però nella mia scelta, solo la consapevolezza -
imparata anche da Schulz - che bisogna cercare di occupare il proprio
posto nel mondo e di fare ciò che amiamo. Solo un lavoro scelto e
fatto con passione ci libera dall'alienazione.
Dici
che la letteratura è incontro, che un libro è un luogo d'incontro,
infatti scrivi spesso a 4 o 6 mani..allora non è solo sperimentare
tecniche ma c'è di più...
Un
libro non è solo l'atto individuale di un singolo ma molto di più,
un prodotto artistico ed editoriale. Sono legata a una certa idea di
editoria come produzione collettiva di cose belle, anche
esteticamente. Per questo mi è capitato di condividere un progetto,
un percorso (penso a Pistoletto e al suo "Manifesto della
collaborazione"...) e chissà che non capiti ancora in futuro,
anche se in questo momento mi sto concentrando sulla scrittura
individuale.
Nadia Terranova con Patrizia Rinaldi alla Sala Borsa di Bologna. |
Nadia Terranova e la Sicilia:
qual'è il tuo rapporto con le origini? Ti senti un'autrice
"siciliana"?
Decisamente!
I miei numi tutelari sono Consolo, Sciascia e Bufalino, per non
parlare del debito che fin dalle scuole medie ho contratto con Verga.
Nutro per le mie radici quell'amore nostalgico, errante e un po'
ossessivo che caratterizza noi emigrati. Nel primo racconto che
ho pubblicato e che si trova nell'antologia "Quote rosa"
(Fernandel, 2007) la protagonista era una ragazzetta palermitana. Poi
è arrivato "L'ultima estate degli anni Ottanta", uscito su
Linus, ambientato a Pantelleria. E il personaggio del "Cavedio"
(Fernandel, 2011), Floriana Terrasanta, è un mix esplosivo di
femminilità e sicilianità. Tra un paio di settimane uscirà un mio
racconto in un'altra antologia ("L'occasione", edizioni
Galaad), ti dico solo che il protagonista si chiama Peppuccio,
soprannominato "il rispustero"... Attenzione però: la
Sicilia è un porto, quindi anche la scrittura si deve aprire alle
contaminazioni. Non scriverei senza l'influenza della letteratura
tedesca, per esempio. Mi piace la fusione di glacialità e passione,
altrimenti si scade nel macchiettismo.
Ma
tornando a Bruno e alla sua sofferenza. E' stato detto che gli
"ebrei" d'Israele oggi sono i palestinesi. Oggi "Bruno"
vive a Gaza?
Questa
frase è stata a lungo attribuita a Primo Levi. Era un falso, come è
stato svelato da Domenico Scarpa e Irene Soave su un numero del
Domenicale in edicola qualche settimana fa. Primo Levi scrive
soltanto "Ciascuno è ebreo di qualcun altro". La frase su
Israele e i palestinesi è stata arbitrariamente aggiunta in seguito.
Io non la condivido. Condivido invece il pensiero dello scrittore se
inteso in senso psicologico e umano. Mi sembra una riflessione
filosofica molto precisa sul senso di estraneità insito nei
razzismi.
*Intervista uscita su Il Nuovo Soldo il 29 aprile 2012, col titolo :"Bruno e gli altri. Conversando di letteratura con Nadia Terranova."
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