Mishko Ferizaj è
sui vent’anni , sogna di fare il pizzaiolo e da quando esibisce con
orgoglio il passaporto italiano ama farsi chiamare Michele, come a
cancellare qualunque barriera fra se e i suoi coetanei “autoctoni”.
Michele appartiene alla
piccola comunità Rom messinese ed ha trascorso gran parte della sua
vita al “villaggio Fatima”, quel gruppo di baracche raggrumate
nella zona falcata - fra il mare e i binari della ferrovia – a
pochi passi da piazza Cairoli. Un luogo che la maggior parte dei
messinesi associa a degrado e sporcizia, se non ai più diffusi
luoghi comuni sull’etnia Rom, ma che per Michele e tanti suoi
coetanei ha significato “casa” . Una casa che da un anno ormai
non esiste più, sostituita da un tetto meno precario e dalla
prospettiva di una sistemazione definitiva.
Villaggio Fatima
infatti è stato demolito all’inizio di aprile del 2011 e le
settanta persone che vi risiedevano sono state trasferite in alloggi
provvisori, nell’ attesa che sia portato a termine il progetto di
risistemazione di alcuni immobili comunali da affidare alle stesse
famiglie Rom attraverso un percorso che prevede la formazione
professionale degli uomini e il loro avviamento all’attività
lavorativa.
Dopo uno sgombero troppo
frettoloso, a fronte dei tempi molto lunghi di tutta l’operazione,
i nuclei familiari sono giunti in diverse zone della città. Otto si
trovano attualmente nelle case che il comune ha destinato
all’emergenza abitativa nel villaggio Matteotti del rione
Annunziata, altre tre sono nell’ex scuola del villaggio Catarratti.
Questa parte della comunità è anche quella coinvolta nel progetto
di autocostruzione. “ Abbiamo dato priorità” –spiega
l’assessore all’integrazione Dario Caroniti – “ ai
nuclei con figli minori e che fossero in regola coi permessi di
soggiorno” . E gli altri? Le famiglie che – a vario titolo –
non sono rientrate nel progetto del Comune di Messina hanno trovato
aiuto concreto dalla Caritas diocesana. “ Li abbiamo sistemati in
case private”- racconta padre Gaetano Tripodo, direttore
dell’organizzazione. “ Ci sono due famiglie in contrada Sperone,
due a Camaro e due a San Matteo. Li sosteniamo pagando l’affitto e
le utenze” –prosegue padre Tripodo- “ e abbiamo anche comprato
elettrodomestici e mobilio” . Una parte dei soldi che occorrono
li mette la Caritas Diocesana – circa 80.000 euro- Gli altri
vengono da un progetto dell’Assessorato Regionale alla Famiglia,
Lavoro e Politiche Sociali, risalente al 2010, che ha affidato alle
organizzazioni del terzo settore l’attuazione di “interventi di
contrasto delle povertà” . Quest’iniziativa , che ha previsto
per la diocesi messinese la somma di ben 400.000 euro , è stata più
volte rimodulata e scadrà definitivamente il prossimo mese di
maggio. Non è chiaro cosa accadrà dopo, anche se è prevedibile una
diminuzione degli interventi di sostegno alle famiglie. Fra le
ipotesi più accreditate per scongiurare il peggio, la richiesta di
una proroga dei contributi regionali ma anche l’apertura di una
trattativa con il comune di Messina per l’allargamento della platea
degli aventi diritto a partecipare al progetto di autocostruzione,
dal momento che –grazie al lavoro dei legali del circolo Arci
Thomas Sankara e dell’ufficio Migrantes- diverse situazioni
dubbie al momento dello sgombero sono state regolarizzate. “ Per
alcuni casi abbiamo seguito le procedure previste dalla sanatoria del
2009” afferma l’avvocato Carmen Cordaro, del circolo Arci
Sankara, “ per altre situazioni si è inoltrata al questore
l’istanza di concessione del permesso di soggiorno per motivi
umanitari o si è fatto ricorso alla Commissione territoriale per il
riconoscimento della protezione umanitaria. Cinque persone hanno
ottenuto così i documenti” .
Intanto la piccola
comunità che si è insediata al Matteotti sembra affrontare bene i
cambiamenti degli ultimi dodici mesi. Nonostante la precarietà della
loro condizione -vivono stipati in quattro appartamenti , due
famiglie per alloggio- i Rom hanno stabilito buone relazioni con i
vicini che entrano ed escono volentieri dalle loro case. Alla festa
che si è svolta il primo aprile scorso, ad un anno esatto dal
drammatico trasloco, i volti erano distesi e si faceva davvero fatica
a distinguere messinesi di diversa origine. “ Diamo rispetto,
abbiamo rispetto” sorride Jusuf Ferizaj, presidente della
Baktalo Drom. Aggiunge Caroniti che “ il
bilancio dell’anno trascorso non può che essere positivo e che si
può parlare dell’inserimento dei Rom nei quartieri come di un
fatto compiuto”. Una situazione che sembra contraddire il
nervosismo che si respirava nel 2011 ma che non cancella i troppi
problemi del presente e le incertezze del domani.
Il progetto di
autocostruzione, denominato “Casa è/e lavoro” è finanziato dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e citato come “buona
prassi” nella Strategia italiana Rom dell’Ufficio nazionale
antidiscriminazioni del Governo. Non c’ è però chiarezza sulle
cifre impegnate. “Dai 100.000 euro della prima bozza si è scesi a
70.000” Fanno notare dall’Arci. “ Appena sufficienti per le
prime necessità. Molte spese per materiali e la progettazione degli
impianti sono oggi a carico del volontariato.”
I capifamiglia, nel
frattempo, hanno partecipato ad un corso sulla sicurezza sul lavoro,
organizzato dalla Scuola Edile, ed entro giugno dovrebbero cominciare
a lavorare all’autocostruzione dei nuovi alloggi. La data , però,
non è certa perché lo stesso ente si sarebbe offerto di farsi
carico di organizzare i lavori in un cantiere scuola i cui tempi di
realizzazione sarebbero più lunghi di quelli ipotizzati dal Comune.
(Tonino Cafeo)
IN FUGA DALL'EX JUGOSLAVIA
I Rom messinesi
sono frutto dell’esodo massiccio verso occidente che si è
verificato a partire dagli anni ’90 in seguito alle guerre che
hanno dilaniato l’ex Jugoslavia. Famiglie che hanno vissuto per
decenni godendo di rispetto e piena cittadinanza si sono trovate
all’improvviso rifiutate da tutti i nazionalismi contrapposti.
“Per i Serbi eravamo nemici. Anche per gli Albanesi lo eravamo”
ricorda sempre una signora dall’aspetto matronale, pensando al
proprio passato. Così, soprattutto nel periodo del conflitto in
Kosovo, si sono ritrovati in riva allo stretto in circa quattrocento,
provenienti perlopiù dal Montenegro, ma anche dalla Macedonia e da
ogni altra tessera del mosaico balcanico. Negli anni questi numeri si
sono assottigliati fortemente fino ad arrivare alle attuali settanta
persone. La comunità nel frattempo ha messo radici, ha intrecciato
rapporti con i messinesi, i suoi ragazzi sono diventati adulti fra di
noi e i loro bambini , nati qui, sono siciliani a tutti gli effetti.
Il luogo dove hanno vissuto fino all’anno scorso è stato al centro
dell’attenzione e dell’impegno delle associazioni di volontariato
e antirazziste- a partire da Arci e Caritas- ma anche
“pietra dello scandalo” nei discorsi infiniti sul degrado urbano
e sul risanamento e soprattutto, buco nero dove spesso si è smarrita
nell’indifferenza la non elevata coscienza civile degli abitanti
dello stretto.
I diversi interessi
gravitanti su una porzione di territorio potenzialmente preziosa come
il water front hanno contribuito a dare la scossa decisiva alla
vicenda del Villaggio Fatima. Mentre i bulldozer iniziavano a
spianare le innumerevoli costruzioni abusive di Maregrosso,
l’Autorità Portuale- titolare delle aree su cui sorgevano le
baracche - chiedeva al comune di Messina la loro restituzione e lo
sfratto delle famiglie occupanti. Avrebbe potuto essere l’inizio di
un conflitto rovinoso con la comunità Rom nel certo ruolo di
perdente. Invece l’associazione Baktalo Drom, che è la
forma organizzata che si è data la comunità, ha colto l’occasione
per rivendicare il diritto all’abitare in maniera dignitosa
attraverso una trattativa con l’obiettivo di trovare una soluzione
concreta, forte del sostegno di una agguerrita rete di associazioni
laiche e cattoliche.
t.c.
PICCOLI ROM CRESCONO
Le famiglie Rom che
vivono al villaggio Matteotti hanno tutte figli in età scolare. Ai
tempi della zona falcata frequentavano la scuola “Cannizzaro” ed
il trasferimento improvviso e traumatico ha lasciato non pochi
strascichi. L’istituto comprensivo che li accoglie adesso, il
“Beata Eustochia” , dell’Annunziata, ha una certa esperienza in
fatto di bambini problematici. “ Fra i nostri alunni”- racconta
il dirigente scolastico Tindaro Sparacio- “ ci sono gli ospiti
della vicina casa-famiglia. Minori che un provvedimento dell’autorità
giudiziaria ha per vari motivi allontanato dalle famiglie” . Su
seicento allievi di tutto l’istituto solo diciassette sono di
origine straniera. Fra questi diversi piccoli Rom che sono stati
accolti a braccia aperte . “Noi –prosegue Sparacio- ci sforziamo
di attuare tutte le iniziative possibili in direzione della piena
integrazione. Abbiamo applicato la circolare ministeriale
sull’apertura pomeridiana degli istituti e organizzato diverse
attività extrascolastiche , a partire dallo sport, che registrano
un’ampia partecipazione.” Il progetto intercultura , rivolto
specificamente alla reciproca conoscenza e all’abbattimento delle
barriere culturali degli alunni di origine straniera , è interamente
finanziato dai Fondi D’Istituto. L’insegnante che lo coordina,
Maria Grazia Frisone, vi impegna tutte le proprie energie ma ne vede
anche i limiti. “ il piccolo Rom che ho in classe- sottolinea- ha
superato quel mutismo selettivo che presentava al suo arrivo e segue
con entusiasmo le attività che gli propongo, tuttavia continua ad
avere difficoltà nella lettura e nella scrittura” . Problemi di
apprendimento vengono segnalati anche dalle altre insegnanti, mentre
generalmente buono è il rapporto con le famiglie e ottima è stata
l’accoglienza da parte dei bambini “autoctoni”.
Docenti e dirigente della
Beata Eustochia concordano comunque nel ritenere insufficiente ciò
che è stato fatto finora. “E’ indispensabile-osservano- la
collaborazione fra istituzioni diverse che insistono sul territorio,
ma spesso queste sono assenti”. Il ritorno del sostegno scolastico
garantito fino allo scorso anno dai volontari della Rete Khorakhanè
e dell’Arci sarebbe un concreto passo in avanti, ma , malgrado le
promesse dell’assessore Caroniti e la rinnovata disponibilità dei
volontari, a metà aprile non c’è ancora nulla di definitivo.
L’aula dove fare lezione è stata trovata ma non ci sono ancora gli
arredi e l’assicurazione obbligatoria per i volontari. Intanto
l’anno scolastico volge al termine. “ Bocciare i bambini sarebbe
un danno grave al percorso di integrazione” fanno notare dalla
scuola. “Speriamo in un aiuto esterno per l’anno prossimo”.
T.C.
IN ATTESA DEL PARCO URBANO
Uno sgombero realizzato
in fretta e furia, con i bambini svegliati in piena notte e i mobili
delle povere case ammucchiati nel piazzale e caricati in fretta sui
pochi camion disponibili alla luce tagliente dei riflettori. Questo è
stato il trasferimento della comunità Rom da San Raineri alle
attuali destinazioni. Una fretta spiegata allora dalla foga
dell’operazione risanamento e recupero del water front che ha
riscosso ampi consensi fra i cittadini ma che –vista ad un anno di
distanza – non trova giustificazione alcuna nello stato attuale
delle cose.
“Nell’area del campo
rom realizzeremo un parco urbano attrezzato” aveva promesso la
giunta Buzzanca. “ Restituendo così ai cittadini un area preziosa
da troppo tempo loro sottratta”.Una promessa impegnativa e
allettante che però è ancora sulla carta. L’ex villaggio Fatima
è stato debitamente spianato e sigillato, dopodiché più nulla. Da
palazzo Zanca fanno sapere di avere inoltrato la richiesta di
concessione all’Autorità Portuale, ma le cose sembrano stare in
modo diverso. E’una società privata – la Elios petroli del
gruppo Franza- ( la stessa che gestisce già il distributore accanto
al’ex campo) che realizzerà, non è dato sapere in quali tempi,il
progetto del parco attrezzato ricevendo in cambio l’autorizzazione
a costruire nel sottosuolo un deposito di GPL.
Nelle aree adiacenti
insiste poi il progetto della seconda fase del concorso “Porti e
stazioni” che dovrebbe essere esitato probabilmente nei prossimi
due mesi. Il tema del concorso era –fra l’altro- "la
redazione di un MasterPlan di dettaglio dell’area di intervento e
la progettazione preliminare di un centro servizi e parco urbano tra
la Real Cittadella ed il Porto Storico " Il Programma
Innovativo in ambito urbano e il progetto della Elios ,quindi
convivono più o meno nella stessa porzione di territorio e non è
dato capire se e come si integreranno fra di loro.
T.C.
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