mercoledì 16 maggio 2012

MESSINA E LA CRIMINALIZZAZIONE DEL DISSENSO: DA QUESTIONE DEMOCRATICA A “PROBLEMA DI ORDINE PUBBLICO”



Pubblicato da Messinaora.it il 4 maggio 2012
In questi giorni, grazie al bel film di Daniele Vicari "Diaz", si torna a discutere della più grave e drammatica sospensione dei diritti civili avvenuta in Italia nell'ultimo decennio. L'aggressione sistematica e violenta di un movimento di massa e pacifico da parte delle forze dell'ordine messa in atto nelle ormai storiche giornate del G8 di Genova, nel luglio del 2001. Un evento che sarà ricordato per aver messo sotto gli occhi di tutti un salto di qualità, un mutamento irreversibile in peggio delle modalità con cui le Istituzioni di questo paese si rapportano al dissenso organizzato dei propri cittadini.
Sarà utile tener presente Genova per meglio comprendere la dinamica di fatti a noi più vicini, nonostante le proporzioni innegabilmente diverse.
Neanche due settimane fa, due giovani attivisti di Rifondazione Comunista di ritorno da un'assemblea pubblica della Retenoponte, sono stati fermati da agenti della Digos con un futile pretesto e condotti in questura, dove sono stati trattenuti per ore e- a quanto raccontano- anche insultati e spintonati senza motivazioni e spiegazioni plausibili.
Questa notizia fa il paio con l'altra -più recente- dell'emissione di quattordici denunce a carico di militanti noponte per "blocco ferroviario e interruzione di pubblico servizio" , riferite alla piccola manifestazione di solidarietà con il movimento no TAV del primo marzo scorso. Quando una cinquantina di persone -come è avvenuto in diverse città italiane- hanno espresso la propria vicinanza al popolo della val di Susa camminando da piazza Municipio alla stazione centrale e bloccando simbolicamente per quindici -venti minuti il treno locale in partenza per Catania.
Anche a Messina, città non certo nota per un alto livello di conflittualità- dunque, emerge un "giro di vite" nei confronti di chi vuole manifestare pubblicamente il proprio dissenso riguardo a "certi " argomenti. Tralasciando le crescenti difficoltà opposte dalla burocrazia degli enti locali a chi vuole usufruire dei locali del Comune per organizzare iniziative e dibattiti o l'ormai costante chiusura dei cancelli del Municipio in occasione delle più disparate manifestazioni di protesta, basterà qui ricordare la presenza sempre meno sottile e discreta di agenti e funzionari della Polizia di Stato nelle occasioni più improbabili- dalla presentazione di libri ai sopralluoghi per un documentario- purché unite dal filo conduttore dell'opposizione al Ponte sullo stretto.

martedì 15 maggio 2012

Rom dello Stretto.

Apro questo nuovo blog con un reportage, uscito sul settimanale Centonove venerdì 4 maggio 2012.



Mishko Ferizaj è sui vent’anni , sogna di fare il pizzaiolo e da quando esibisce con orgoglio il passaporto italiano ama farsi chiamare Michele, come a cancellare qualunque barriera fra se e i suoi coetanei “autoctoni”.
Michele appartiene alla piccola comunità Rom messinese ed ha trascorso gran parte della sua vita al “villaggio Fatima”, quel gruppo di baracche raggrumate nella zona falcata - fra il mare e i binari della ferrovia – a pochi passi da piazza Cairoli. Un luogo che la maggior parte dei messinesi associa a degrado e sporcizia, se non ai più diffusi luoghi comuni sull’etnia Rom, ma che per Michele e tanti suoi coetanei ha significato “casa” . Una casa che da un anno ormai non esiste più, sostituita da un tetto meno precario e dalla prospettiva di una sistemazione definitiva.
Villaggio Fatima infatti è stato demolito all’inizio di aprile del 2011 e le settanta persone che vi risiedevano sono state trasferite in alloggi provvisori, nell’ attesa che sia portato a termine il progetto di risistemazione di alcuni immobili comunali da affidare alle stesse famiglie Rom attraverso un percorso che prevede la formazione professionale degli uomini e il loro avviamento all’attività lavorativa.